Ti piango in solitudine,
all’improvviso arrivi
all’ombra di un ulivo.
Ti vedo sul cammino
di una giornata colorata
da pennellate di salici.
Rincorro le tue mani,
veloci scorrono sui filari
di viti pronte a germogliare.
Guardo le tue rughe,
solchi di semine
distese di frutti.
Dipingo il tuo volto
sorridente all’aurora
ramata dal tuo sapere.
Ti scrivo sulla terra
spargendo briciole di zolle
nel cielo luminoso.
Mi ero fatto l’idea che potesse accadere, per la tua età di novantenne e perchè nell’ultimo periodo non stavi bene, ma quando ho preso atto che il momento era vicino e poi tu te ne sei andato per davvero mi sono reso conto che fino a quando la morte non arriva certe sensazioni non le puoi programmare. Visto che non sei mai stato banale, te ne sei andato in un giorno speciale, il 25 aprile, durante la piena fioritura dei giaggioli e senza stare tanto a soffrire.
La tua morte è stato un grande dolore per me e da quando non ci sei hai lasciato un grande vuoto, nella tua vita semplice e grandiosa, anche se non sempre condivisa da me perchè siamo nati in due mondi tanto diversi, per me sei stato un maestro e una persona di riferimento.
Non rimpiango nulla, tu hai vissuto, io ti ho vissuto, e sono stati belli pure quei battibecchi che abbiamo avuto frutto di quel carattere tanto simile.
Guardo sempre il futuro perchè così riesco a stare attivo, ma dentro di me quel passato fatto di condivisione con te e con gli altri cari che mi sono mancati, è sempre molto presente e ritorna nella mia quotidianità.